- Veronica Mazziotta
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
November 22, 2025
Chiharu Shiota: Il filo che apre il mondo
IN MOSTRA DAL 22 Ottobre 2025 - 28 Giugno 2026 al MAO di Torino
BY VERONICA MAZZIOTTA
Entrare al MAO per Chiharu Shiota: The Soul Trembles significa immergersi in un paesaggio di risonanze. Non una mostra, ma un ecosistema emotivo; non una retrospettiva, ma una mappa di possibilità. Ciò che Shiota mette in scena non è mai un oggetto: è un movimento. Un tremore, appunto. Un’invocazione continua tra ciò che è stato, ciò che è ancora sospeso e ciò che chiede spazio per nascere. È straordinario come le sue opere non si limitino a occupare la sala: la respirano, la trasformano, la attraversano.

La prima apparizione è un vortice di valigie: Accumulation – Searching for the Destination. È un’opera che sembra galleggiare in un tempo che non passa mai—il tempo dell’attesa, delle partenze, dei ritorni che forse non arriveranno. I fili rossi che le sostengono non sono semplicemente legami: sono geografie interiori. Sono itinerari di vite che si incrociano proprio lì, senza preavviso. In questa sospensione c’è una domanda che ritorna ossessiva nella pratica di Shiota: “dove stiamo andando?”. Una domanda che non cerca una risposta, ma uno spazio di ascolto.

Poi il rosso esplode e diventa architettura. Uncertain Journey è una cattedrale di fili, un organismo vivo che pulsa e avvolge. Entrarci significa accettare di essere parte di un disegno più grande, di stare dentro un intreccio che non controlliamo. Shiota usa il filo come altri usano la luce o il suono: per costruire realtà parallele. In questi nodi c’è la memoria, la fragilità, la resistenza. Non sono metafore: sono presenze.

In Reflection of Space and Time, due abiti bianchi emergono da una trama nera come apparizioni che non hanno più bisogno di un corpo. Gli abiti non raccontano chi li ha indossati, ma chi li ha abitati con il pensiero. È un’opera che parla di presenze che persistono anche quando non sappiamo più nominarle. La collaborazione con Alcantara aggiunge una dimensione materiale che amplifica la percezione: la superficie diventa pelle, ricordo, eco.

In In Silence, il pianoforte bruciato è un monumento a ciò che rimane dopo il trauma. È un oggetto che ha perso la sua funzione, ma non la sua voce. La rete che lo avvolge non lo imprigiona; lo protegge, quasi come un contenitore di tempo. È la cicatrice che diventa forma, la ferita che non vuole essere cancellata ma osservata da vicino, senza paura.
Un tremore, appunto. Un’invocazione continua tra ciò che è stato, ciò che è ancora sospeso e ciò che chiede spazio per nascere.

E poi Where Are We Going?, che sembra chiudere la mostra aprendo un’altra porta. Le barche vuote non sono vuote davvero: contengono ciò che non sappiamo ancora formulare. È un’opera che guarda al futuro senza enfasi, con la calma di chi conosce la forza dell’incertezza. Le barche, sospese e fragili, non promettono salvezza. Promettono movimento. Un invito a navigare anche quando non vediamo la riva.
Ed è proprio dentro questo dialogo tra fragilità e possibilità che nasce il nostro omaggio: una reinterpretazione in AI che trasporta l’immaginario di Shiota in un territorio nuovo, quello della comunicazione visiva legata a Prada. Abbiamo lasciato che i suoi fili, le sue tensioni, la sua poetica dei nodi entrassero in un altro linguaggio,
trasformandosi senza tradire la loro natura. Non si tratta di imitare, ma di far risuonare. Di dimostrare come l’eredità visiva di Shiota possa attraversare mondi apparentemente distanti e generare una nuova narrazione: una trama in cui un oggetto di moda diventa portatore di vibrazioni, come se anche lui avesse una memoria da custodire.
La mostra al MAO è, in fondo, un invito a ripensare ciò che connette il visibile all’invisibile. Shiota costruisce luoghi che non vogliono essere spiegati, ma abitati. Fili che non vogliono essere sciolti, ma ascoltati. Ogni opera ti chiede di fermarti un attimo—di entrare, di respirare, di lasciarti attraversare.
Perché il tremore dell’anima, come ci ricorda questa mostra, non è un disturbo: è il modo più autentico in cui la vita riesce a manifestarsi.







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